miele-monofloreale-mario-bianco

Miele, quando “single” è meglio

I mieli non sono tutti uguali. Accanto al più tradizionale e noto millefiori esiste una grandissima varietà di mieli monofloreali da conoscere e amare. Ma cosa significa esattamente monofloreale?

Per gli appassionati di vino è un concetto familiare.

In enologia, infatti, parliamo di monovitigno quando il prodotto è ottenuto da un unico vitigno, cioè quando proviene da una sola varietà di uva. Barbera, Cabernet Sauvignon, Fiano, Nebbiolo, Pinot nero, Vermentino sono solo alcuni esempi di vini da monovitigno e prendono appunto il nome dall’uva da cui sono ricavati.

Nel caso del miele? Il millefiori – come ci ricorda il nome –  unisce diversi nettari, quello che nel vino si definisce blend. Sulle Alpi, a seconda delle specie di fiori di campo presenti, il millefiori può arrivare a contenere oltre cinquanta essenze botaniche diverse.

I mieli monofloreali provengono, invece, da un unico tipo di pianta (acacia, castagno, eucalipto, rododendro, tarassaco, tiglio…). Per questo motivo i monoflora si distinguono nettamente gli uni dagli altri per aroma, gusto e proprietà.

Miele monofloreale, dove nasce l’idea

Nonno Mario, prima di diventare apicoltore professionista e fondare la nostra azienda, insegnava enologia all’Istituto Ubertini di Caluso, la prima “Regia Scuola di Agricoltura” del Piemonte.

Grazie alla conoscenza e alla passione per il mondo del vino, Mario intuì che il concetto del monovitigno di qualità poteva essere applicato anche all’apicoltura.

Fu così tra i primi, negli anni Settanta, a cercare di ottenere mieli “in purezza”, che esaltassero la qualità e il gusto del nettare proveniente da singole specie di fiori.

Mario fu un vero e proprio visionario, se pensiamo che le prime analisi e schede descrittive ufficiali dei mieli monofloreali italiani sono state pubblicate solo nel 1982.

Condividi questo post